giovedì 22 novembre 2012

Sguardo al futuro con un viaggio nel passato.

Oggi i bambini nascono in una società in cui il sistema comunicativo si basa sulla diffusione capillare  di televisioni, radio e sulla crescente presenza di computer e internet.
La tv costituisce un’importante agente nel processo di socializzazione in età infantile ed adolescenziale, in grado di influenzare le motivazioni ed i comportamenti, al punto da risultare compresente ed intrusiva rispetto al ruolo esercitato dalle altre agenzie educative: la famiglia, la scuola ed i coetanei.
La comunicazione odierna dei bambini si emancipa progressivamente dall’influenza dei genitori e della scuola ed attinge sempre più dai media ed in particolar modo dalla tv.
I bambini di oggi sono molto diversi da quelli di trent’ anni fa. Allora i ragazzini passavano molto più tempo all’aria aperta, nei cortili, nelle strade, nei parchi ed erano impegnati in giochi di movimento e di gruppo.
Ma i piccoli spettatori si sono evoluti: i programmi televisivi vengono vissuti come veri e propri appuntamenti che scandiscono la loro giornata.
La tv rappresenta per bambini ed adolescenti qualcosa di ben più importante di un’evasione fantastica o di uno svago a carattere ludico: è la loro “finestra sul mondo” attraverso la quale passano le rappresentazioni dell’universo esterno, vengono introiettate alcune modalità relazionali ed alcune norme sociali e vengono selezionati motivazioni ed interessi conoscitivi.
Nelle ipotesi più ottimistiche, crescere con la tv si traduce per i bambini in una capacità di comprendere e maneggiare gli stimoli composti di immagini e sonoro infinitamente maggiore di quella dei loro genitori, e in un effetto stimolante che si manifesta nella tendenza a imitare tutto quello che vedono e sentono in televisione: canzoni, pubblicità, personaggi, situazioni (Bellotto, Binda, Lombardi, 1980).
In questo scenario la pubblicità appare uno tra i più dibattuti argomenti della programmazione tv, sia per la sua efficacia nell’indirizzare il consumo, sia per la sua proposta di ideologie e valori che possono condurre il minore verso una mentalità consumistica.
I bambini concepiscono la pubblicità come parte integrante dei programmi televisivi, in particolare quando vi ritrovano i personaggi preferiti dei cartoni animati rivolgersi a loro in prima persona, e si compiacciono nel vedere, per esempio, i biscotti che hanno appena mangiato a colazione o i giochi con i quali trascorrono parte della giornata.
Sono ormai lontani i tempi in cui la pubblicità era relegata al Carosello, circoscritta all’interno di uno spazio di programmazione determinato e limitato. Oggi la pubblicità si pone con soluzione di continuità all’interno del palinsesto giornaliero, rappresentando un genere televisivo con le proprie logiche caratteristiche, al pari di un varietà, una fiction, un quiz o un cartone animato. E tuttavia, se accettiamo che i bambini imparano presto a gestire il linguaggio della tv, ciò è ancor più vero a proposito della pubblicità, verso la quale si ritengono dei “piccoli esperti”, capaci di analizzarne la struttura narrativa e valutarne l’efficacia persuasiva.
Cosicché assistiamo all’emergere di un vero target di riferimento a cui prima né le aziende produttrici di giocattoli e beni per bambini né la pubblicità erano abituati. In passato i loro clienti erano le madri, oggi, ci troviamo di fronte a “nuovi” decisori: i bambini.
Seppure amalgamata nel fluire ininterrotto della comunicazione televisiva, rispetto ad altri generi la pubblicità mostra la peculiarità di definirsi come subcultura pre-adolescenziale, creando e consolidando legami sociali e di appartenenza fra coetanei.
La pubblicità è spesso un punto di conversazione tra gli amici, non solo in riferimento al prodotto pubblicizzato, ma anche alle immagini utilizzate, alla presenza del testimonial, alle battute, alle musiche e ai jingle.
Certamente la pubblicità può anche avere effetti non del tutto positivi sui piccoli spettatori, soprattutto nella misura in cui essa viene fruita solo attraverso i canali emotivi, tralasciando quelli intellettivo - cognitivi. Inoltre va considerato che gli spot televisivi, se da un lato sono percepiti dai bambini come uno spettacolo, riescono anche a mettere in moto il meccanismo del desiderio invogliando al possesso (e quindi al cercare di convincere i genitori all’acquisto) di quanto viene reclamizzato. Una dinamica piuttosto comune, che determina liti, pianti, malumori in famiglia.

Un viaggio nel passato,  un' esperienza che non la si può comprendere bene  se no la hai vissuta o conosciuta da vicino. Tanti sacrifici: si sta lontano da casa, dai genitori, dagli amici; bisogna sapersi adattare a posti, gente, cucine e tradizioni diverse e tante porte sbattute in faccia. Ma tanto coraggio ed ottimismo. Ognuno ha i propri tempi e modi di raggiungere quel che vuole e a volte il tempo ed alcune esperienze aiutano a capire meglio ciò che si desidera veramente.





 
 

I BAMBINI E L' ADVERTISING TELEVISIVO: SIGNIFICATI, ATTRIBUTI, EFFETTI, RISCHI


Il ricordo di una città (Milano), di una facoltà (Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo), di un corso di Laurea (Relazioni Pubbliche e Pubblicità), di un percorso accademico, di un professore (Vincenzo Russo, per la collaborazione e per il sostegno didattico) e di tutte quelle bambine che hanno collaborato alla realizzazione della mia tesi (una ricerca sul campo, eseguita attraverso la visione di alcuni spot ed un’intervista approfondita con un campione, pur ristretto, di bambine tra i 7-10 anni, per riportare il loro punto di vista vivo e reale riguardo il complesso tema della pubblicità televisiva e della sua influenza) e che con la loro spontaneità hanno "colorato" il mio lavoro.
 
Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone. (John Steinbeck)
 
 

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